Oggi è il giorno dedicato a quell’angelo che seduto al sepolcro aveva detto alle pie donne, o per meglio alle tre Marie, che Cristo era risorto. Non è lo stesso angelo a cui era stato dedicato l’Oratorio dell’Angelo a Passirano.Dalla contrada Villa verso le colline si intravede una costruzione che guarda verso Passirano ed il colle di San Giorgio, è l’Angelo, così detto perché nel XVII secolo nacque qui l’Oratorio dell’Angelo Custode. “Dalla cima dell’Angelo l’antico passiranese poteva gettare lo sguardo sui paesi vicini e vedersi irti dinanzi i fortizi nobili o popolari delle borgate confinanti, e se la nebbia stendeva i suoi veli sul paesaggio circostante, oltre le chiese vetuste e gli agili campanili, vedeva dai flutti grigi emergere subito ai suoi piedi, in una prima cerchia, rigidi come armigeri dalle lance in resta altro che i profili accigliati dei castelli di Monticelli, d’Iseo, di Monterotondo, di Bornato, di Paderno…”. Ho voluto ricopiare questo testo proprio perché dà l’idea di come fosse il paesaggio in quegli anni. Falsina sapeva giostrare con le parole in testi da far invidia ai cronisti di oggi.La Cappellania (che “è un ente ecclesiastico sorto per volontà di un fedele con i beni da lui forniti allo scopo di adempiere a un fine di culto che egli ha indicato”) dell’Angelo Custode fu fondata con atto notarile del 3 agosto 1662 dal sacerdote don Carlo Fenaroli, figlio di Giovanni, “abitante in Brescia, [che] desidera far edificar un Oratorio sotto il titolo, ed invocazione del Sto Angelo Custode in un suo proprio fondo nel Territorio di Passirano”. L’atto venne formalizzato dinanzi al Cardinale Pietro Ottoboni a cui spettava (a lui ed ai suoi successori) il compito di controllare che le volontà venissero rispettate. La sorella Francesca, il 9 luglio 1698, con atto testamentario rimarcava, aumentando il capitale d’uso, la fruizione dell’abitato con rispettiva chiesetta, con obbligo di tre messe settimanali e nella festa dell’Angelo Custode del mese di ottobre. Le regole imposte dalla signora Francesca erano ferree e comportavano un impegno da parte del sacerdote di turno per mantenerle nel tempo. Erano garantite ai curati che avrebbero celebrato le messe annue, un capitale di lire 6 cadauna più il godimento della casa e dell’orto. Ma nel tempo “l’uomo propone e Dio dispone”, scrive Falsina. Infatti, cent’anni dopo, il governo prelevò, causa una svista notarile, parte dei capitali. I terreni a Bornato, Iseo, Monterotondo facenti parte del lascito, furono venduti. In alcuni terreni cambiarono i beneficiari e iniziò il declino della Cappellania. I fondatori “non avevano badato che il Maggior Consiglio e il Senato Veneto avevano con legge 26 maggio 1605 sottoposti ad obbligo di vendita i beni che sarebbero pervenuti ‘ad alias causas’ dopo quella loro deliberazione…”. Fu quindi redatto nel 1773 un elenco dei beni e messi all’incanto. L’asta la vinse Francesco Rodella di Brescia con lire 1500, il tutto per un fabbricato, e nove pezzi di terra di piò 20 e tavole 65 (1 piò=3.255,3938 metri quadri; ogni 100 tavole= 1 piò) per il totale di una rendita di 400 lire annue che don Felini aveva perso nel 1853. Da Rodella passò ad un parente colonnello, poi a Girolamo Inverardi ed infine a Gio Maria Zembrini (scrive don Falsina). Don Felini contestò la vendita della chiesina perché non era nemmeno censita. E con decreto del 9 marzo 1860, veniva definitivamente lasciata proprietà della parrocchia. Dopo la vendita delle proprietà nel 1773, numerosi furono i lasciti che interessavano la Cappellania dell’Angelo. In questo modo le messe si poterono fare ugualmente. I cappellani che si susseguirono in questa chiesina furono:Don Carlo Fenaroli, il fondatore; don Francesco Fenaroli, presente nel 1714; don Tommaso Fenaroli, cede la Cappellania nel 1746; don Lucrezio Britannico; don Fulgenzio Micanzi eletto il 1779, muore il 10 maggio 1824; don Giovanni Micanzi, presente nel 1825; don Simone Micanzi, nel 1831; don Luigi Albarelli di Erbusco, eletto nel 1867 fino alla morte nel 1870, fu l’ultimo titolare della Cappellania. Dopo di lui, le poche rendite dei lasciti passarono alla parrocchiale.Per eventi della legge di soppressione del ‘66 o per mala gestione, la Fabbriceria, perdette il suo controllo per finire nuovamente al parroco don Davini che la condusse fino al parrocchiato di don Falsina, inclusa nel beneficio parrocchiale. La travagliata vicenda di questa Cappellania è spiegata dettagliatamente nel resoconto che don Falsina e il nipote Ottavio han fatto nella storia di Passirano. Merita un’attenta lettura.Rimane tuttora il dipinto in canonica raffigurante l’Angelo Custode, identificato dai più in Agostino Galeazzi (Brescia 1523-1554). Come sia finito quassù questo dipinto non è dato a sapere. Anche l’indicazione al Galeazzi lascia perplesso, per il periodo di esecuzione e per la qualità pittorica abbastanza scadente, anche se nel tempo ha avuto numerosi restauri, ultimo eseguito dal Bertelli per 200 lire. La cornice “ripulita e in parte dorata per 250 lire, dall’intagliatore Manera della Contrada San Giovanni di Brescia”.Testo parzialmente ripreso dalla mia pagina Facebook del 26 ottobre 2020

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